L’autostima non è un concetto astratto riservato agli psicologi, ma una componente fondamentale del nostro benessere quotidiano. È la capacità di riconoscere i propri punti di forza e debolezza, migliorare i primi, accettare i secondi e mantenere un sano equilibrio tra sopravvalutazione e sottovalutazione. Avere una buona autostima non significa sentirsi perfetti, ma guardarsi con realismo e gentilezza.
Le false maschere dell’autostima
Alcune persone sembrano estremamente sicure: parlano tanto, si circondano di amici e dispensano consigli. Ma dietro questa facciata può nascondersi una sopravvalutazione usata per coprire fragilità interiori. All’opposto, chi è timido e riservato può avere molte qualità che però non riesce a esprimere per paura di non essere abbastanza. Entrambi gli atteggiamenti riflettono uno squilibrio nel modo di valutarsi.
Chiedere aiuto è forza, non debolezza
Se ci sentiamo bloccati da tristezza, insicurezza, esperienze dolorose o disturbi dell’umore, rivolgersi a uno specialista non è una sconfitta. Al contrario, è un atto di grande consapevolezza e coraggio. Nessuno può farcela sempre da solo.
Come si misura l’autostima?
Per capire se abbiamo una buona autostima, possiamo porci alcune domande:
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Conosco davvero i miei valori?
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Mi prendo cura di me stesso?
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Cosa provo quando penso a me stesso?
Una sana autostima integra consapevolezza emotiva e comportamenti coerenti. Le sue oscillazioni sono naturali, ma non dovrebbero mai farci perdere il nostro centro interiore.
I segnali da osservare
Segnali di buona autostima:
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Fiducia in sé, ma apertura a chiedere aiuto
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Relazioni equilibrate, basate sul rispetto reciproco
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Capacità di stare bene anche da soli
Segnali di bassa autostima:
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Tendenza a criticarsi continuamente
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Paura del giudizio e atteggiamenti aggressivi o sottomessi
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Evitamento di sfide e relazioni
Da dove nasce l’autostima?
Si costruisce sin dall’infanzia, nel rapporto con le figure di accudimento. Sentirsi amati, visti e incoraggiati ci aiuta a formarci un’immagine positiva di noi. Al contrario, mancanze affettive o critiche eccessive possono lasciare insicurezze profonde.
Le tre facce del sé
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Sé ideale: chi vorremmo essere
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Sé reale: chi siamo davvero
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Sé percepito: come ci vediamo
Quando queste immagini sono troppo distanti tra loro, nasce la frustrazione. Lavorare per allinearle è una chiave per migliorare l’autostima.
Gli schemi mentali che ci bloccano
Gli schemi mentali sono filtri con cui interpretiamo il mondo. Alcuni possono diventare disfunzionali:
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Schema di fallimento: convinzione di non essere mai all’altezza
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Schema di abbandono: paura costante di essere lasciati
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Schema di perfezionismo: bisogno ossessivo di essere impeccabili
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Schema di sfiducia: blocco davanti alle novità
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Schema di vergogna: sensazione di essere “sbagliati”
Riconoscerli è il primo passo per trasformarli.
I pensieri automatici: alleati o nemici?
Ogni giorno formuliamo pensieri rapidi, spesso inconsci. Se negativi, ci minano: “Non valgo nulla”, “Fallirò sicuramente”. Se positivi, ci rinforzano: “Posso farcela”, “Ho le risorse”.
Per gestirli possiamo:
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Identificarli e analizzarli (modello ABC: Evento → Pensiero → Conseguenza)
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Metterli in discussione
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Sostituirli con pensieri realistici e motivanti
La terapia cognitivo-comportamentale è molto efficace in questo lavoro.
La trappola della colpa
Capita spesso di incolparci per cose che sfuggono al nostro controllo. Un esempio classico? Qualcuno non ci saluta e subito pensiamo: “Ce l’ha con me”. Ma magari era solo distratto. La chiave è distinguere ciò che dipende da noi da ciò che non lo è, senza sensi di colpa.
Relazioni e autostima: un legame profondo
Le relazioni sane ci aiutano a crescere, quelle tossiche ci svuotano. Riconoscere la differenza è essenziale.
Critiche costruttive: ci aiutano a migliorare, sono specifiche e rispettose.
Critiche manipolative: ci fanno sentire inadeguati, sono vaghe e svalutanti.
La solitudine può essere un dono
Chi ha una buona autostima sa stare bene anche da solo. La solitudine diventa uno spazio di riflessione e rigenerazione. Chi ne ha paura, spesso cerca negli altri una conferma continua del proprio valore.
Comunicazione e autostima: il potere dell’assertività
Tre stili comunicativi principali:
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Passivo: reprimo i miei bisogni per non disturbare
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Aggressivo: impongo i miei bisogni a scapito degli altri
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Assertivo: rispetto me stesso e gli altri, esprimendo con chiarezza ciò che penso e provo
Essere assertivi rafforza la nostra autostima e migliora le relazioni.
Il linguaggio del corpo parla di noi
Il 90% della comunicazione è non verbale. Postura, sguardo, tono di voce raccontano come ci sentiamo. Chi ha una buona autostima trasmette sicurezza, anche senza dire una parola.
Conclusione
L’autostima non è qualcosa di fisso: si può rafforzare e nutrire giorno dopo giorno. Conoscersi, accettarsi, affrontare i propri limiti e chiedere aiuto quando serve sono passi fondamentali per vivere meglio. Coltivare una sana autostima significa scegliere ogni giorno di essere dalla propria parte.
Se hai consigli e suggerimenti, fammi sapere.
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